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IL VITIGNO FREISA

Storia

Un vitigno antico. Un vitigno pregiato. Risalgono al Cinquecento le prime testimonianze scritte in cui viene menzionata la Freisa: “Pro qualibet carrata Fraesarum solidum unum, denario sex”. Compare infatti nelle tariffe doganali piemontesi di Pancalieri del 1517, dove viene stimata il doppio delle altre uve. Una lunga storia radicata in Piemonte da oltre cinquecento anni.
Dagli archivi emerge che nel 1692 il Conte Pietro Francesco Cotti di Scurzolengo impiantò barbatelle (“resorie”) di Freisa nelle sue proprietà di Neive.
Ma dovremo aspettare il 1798 per leggere una prima descrizione del vitigno e del vino Freisa nell’opera “Sulla coltivazione delle viti” del Conte Nuvolone Pergamo di Scandeluzza, opera pubblicata in occasione dell’adunanza della Reale Società Agraria di Torino. Il conte Nuvolone inserisce il vitigno fra le uve nere piemontesi di prima qualità, e indica una presenza di molto “tartaro” nel vino, che ne privilegia l’invecchiamento e il taglio con vini più deboli. Nell’Ottocento l’uva Freisa compare nei testi dei più noti ampelografi dell’epoca. Il Conte Gallesio nella sua “Pomona italiana ossia

Tariffe doganali di Pancalieri (To), 1517

trattato degli alberi fruttiferi” (1817), rimasta incompiuta, aveva certamente riservato uno spazio alla Freisa, per la quale aveva già predisposto un’illustrazione realizzata dalla Baronessa Lauretta Bonard d’Affry.
L’Acerbi apprezza la qualità del vino Freisa, “spiritoso e fragrante”, e il Milano ritrova affinità con il “pinneau” di Borgogna, aggiungendo che “in colline ghiaiose leggere dà un vino che invecchiando migliora, conservabilissimo”. (Saggio di alcuni cenni enologici della campagna biellese. 1838)
Sarà il Marchese Leopoldo della Rocchetta nel 1861 a menzionare la buona adattabilità del vitigno a terreni aspri e l’abbondante produttività. Giuseppe di Rovasenda nel suo “Essai d’une Ampelographie Universelle par Comte Joseph De Rovasenda” (1887) descrive così la Freisa: “Diffusa in tutto il Piemonte e specialmente nel circondario di Torino e sulle colline tra Chieri e Gassino, Torino e Cocconato. [...] La Fresia è tal vitigno per costante produzione ed anche per sufficiente bontà di prodotto che difficilmente potrà trovare un rivale nelle colline in

cui è dominante; ed in prova la sua coltivazione si estende costantemente. [...] Dà vino assai serbevole. Si acconcia a qualsiasi potatura”. La coltura della Freisa si ritrova poi nell’Ampelografia Italiana del 1879, stilata dal Comitato ampelografico allora presieduto proprio dal di Rovasenda. Ne emerge che il Freisa veniva impiantato a Gattinara, nel vercellese, al posto del Nebbiolo, perché più rustico ed adattabile nei terreni difficili, come si dimostrò con l’avvento della peronospora. Fu proprio in questo periodo e per la sua robustezza che il Freisa si diffuse ampiamente dall’Alto Monferrato e Collina Torinese, verso Asti, Casale, Alessandria, Acqui, le Langhe, fino a Saluzzo e al Lago Maggiore.
Tra i detrattori del vitigno troviamo sicuramente il Gatta che, nel suo saggio "Intorno alle viti e vini d’Ivrea e della Valle d’Aosta" del 1833, descrive l’uva come cattiva da mangiare e il vino sgradevole se non addirittura nocivo. In contrasto con lo Strucchi (1895) che lo riteneva un vino austero, di qualità e assai longevo, amato dalla nobiltà torinese e perciò considerato “di lusso”. Ed è proprio ad Arnaldo Strucchi che dobbiamo la prima testimonianza di come il vitigno Freisa

si avvicini al Nebbiolo. “,,,migliora invecchiando e frequentemente arriva all’onore del vino da dessert, come il Nebbiolo, al quale per vari caratteri assomiglia” (Italia agricola 1890).
I pareri spesso contrastanti trovano spiegazione proprio nella rusticità del vitigno che in passato si è dovuto adattare a terreni poco favorevoli, carichi produttivi eccessivi e incompleta maturazione dell’uva. Oggi, grazie a studi e sperimentazioni, si è dimostrato che l’uva, portata a corretta maturazione, esprime notevoli potenzialità enologiche.


Fonti: Area Didattica dell’Associazione Italiana Sommelier Piemonte e coordinato dal Resp. Nazionale della Didattica AIS Mauro Carosso. 09/2018.
L’assaggiatore 04/2011 V. Gerbi, A. Caudana, M. Hock, L. Rolle, DIVAPRA Università di Torino.

Ampelografia

Spesso identificata con nomi diversi come “Spanna monferrina”, usata talvolta a Gattinara, “Spannina” o erroneamente “Spanna”, (la vera “Spanna” è il “Nebbiolo”); ma anche “Monferrina” o “Monfrà”, datole in Val d’Aosta. Più sovente viene chiamata “Freisa di Chieri” o “Freisa del Piemonte”, da non confondere con la “Freisa di Nizza” che è la “Neretta” di Saluzzo.

In passato si era posto il problema dell’esistenza di più d’una sottovarietà di “Freisa”, spesso infatti si distinguevano una “Freisa piccola” e una “Freisa grossa”. Oggi possiamo affermare che non si tratti di due sottovarietà, ma di modificazioni locali o cloni.

La prima descrizione ampelografica risale alla fine del 1700 ed è quella del Conte Giuseppe Nuvolone-Pergamo, direttore dell’Orto Sperimentale della Reale Società di Agricoltura di Torino, ma è grazie agli studi e alla ricerca con metodi di biologia molecolare sui vitigni piemontesi condotti da Vincenzo Gerbi, Anna Schneider e

i collaboratori del CNR di Torino, che è emerso il legame di parentela di primo grado con il Nebbiolo mettendo in evidenza i caratteri genetici comuni tra Freisa e Nebbiolo. (La Freisa condivide con il Nebbiolo uno dei due alleli in addirittura 58 loci microsatelliti). Similitudini morfologiche ma anche del profilo antocianico delle bucce, aspetto che condiziona il processo di vinificazione e affinamento di entrambi i vini.

Si tratta di una cultivar a maturazione medio-tardiva (fine settembre, inizio ottobre). Vuole potature lunghe e ricche e generalmente è allevata a controspalliera, con potatura a Guyot, con 12-14 gemme. Nel Chierese è tradizionale un archetto, anche bilaterale. Si adatta bene a forme vegetative alte ed espanse ma con rese meno qualitative.
Caratteristiche della foglia
Il vitigno Freisa ha foglia media- piccola, a volte intera o a 5 lobi ma più spesso trilobata.

Caratteristiche del grappolo.
Il vitigno Freisa ha grappolo a maturità di grandezza media, talvolta spargolo, cilindrico allungato e spesso con un’ala.

Caratteristiche dell’acino
Il vitigno Freisa ha acini color blu-nero di dimensione medio-piccola, di forma ovoidale con buccia pruinosa e molto resistente. La polpa è succosa, di sapore semplice, gustoso e il succo è incolore.

La rusticità è sempre stata la sua forza, infatti la Freisa è poco sensibile alla peronospora, alla Botrytis cinerea e agli altri marciumi del grappolo; mentre, come il Nebbiolo è più sensibile nei confronti dell’oidio.
Può essere soggetta a colatura e ad acinellatura oltre che al disseccamento del rachide. Come il Nebbiolo è poi tra le varietà più tolleranti nei confronti delle Fitoplasmosi e, in particolare, della Flavescenza dorata.

Fonte: Scheda Ampelografica – Freisa di G. Dalmasso, G. Dell’Olio, M. Ferrero e B. Tamagnone da “Freisa”, in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume II, Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, 1962

Denominazioni

Diffuso principalmente in Piemonte, sulle colline delle provincie di Torino, Asti, Cuneo e Alessandria, su circa 1000 ettari di vigneto, il Freisa qui si esprime in 7 DOC nelle seguenti denominazioni:

Freisa d’Asti doc - denominazione DPR 1972
Freisa di Chieri doc - denominazione DPR 1973
Monferrato doc Freisa
Langhe doc Freisa
Colli Tortonesi doc Freisa
Pinerolese doc Freisa
Piemonte doc Freisa

Nel complesso lo ritroviamo in almeno 14 DOC piemontesi:
1. Albugnano
2. Canavese
3. Colli Tortonesi
4. Collina Torinese
5. Freisa d’Asti
6. Freisa di Chieri
7. Gabiano
8. Grignolino d’Asti
9. Langhe
10.Malvasia di Castelnuovo Don Bosco
11.Monferrato
12.Piemonte
13.Pinerolese
14.Rubino di Cantavenna

Ma forse non tutti sanno che questo vitigno unico e capace di conferire robustezza e struttura ai vini, è presente anche nelle seguenti 14 IGT (come varietà ammessa) in Lombardia, Veneto e Basilicata:
1. Alto Mincio
2. Basilicata
3. Bergamasca
4. Collina Milanese
5. Tre Venezie
6. Provincia di Mantova
7. Provincia di Pavia
8. Quistello
9. Colli Varesini
10.Sabbioneta
11.Sebino
12.Alpi Retiche
13.Terre Lariane
14.Veneto

Scarica i disciplinari

Disciplinare della Freisa d'Asti DOC

Disciplinare della Freisa di Chieri DOC

Ricerca e sperimentazione

La sua familiarità con il Nebbiolo, con cui condivide l’85% del patrimonio genetico, è attestata da studi condotti da Anna Schneider e Vincenzo Gerbi. Grazie a loro e agli studi del CNR di Torino è emerso come l’uva Freisa provenga da un incrocio spontaneo tra il Nebbiolo e un altro genitore scomparso o ancora sconosciuto. Le similitudini con il Nebbiolo non sono solo morfologiche, ma anche sul profilo antocianico e polifenolico, con caratteristiche che ne accomunano la vinificazione e l’affinamento.
Studi e sperimentazione in vigna e in cantina hanno permesso di approfondire l’analisi della componente fenolica e realizzare protocolli innovativi di vinificazione.
Sul lato viticolo una produzione contenuta e il raggiungimento di un corretto grado di maturazione delle uve è il primo passo verso la produzione di vini meno aggressivi e con acidità fissa più bassa.

La sua familiarità con il Nebbiolo, con cui condivide l’85% del patrimonio genetico, è attestata da studi condotti da Anna Schneider e Vincenzo Gerbi. Grazie a loro e agli studi del CNR di Torino è emerso come l’uva Freisa provenga da un incrocio spontaneo tra il Nebbiolo e un altro genitore scomparso o ancora sconosciuto. Le similitudini con il Nebbiolo non sono solo morfologiche, ma anche sul profilo antocianico e polifenolico, con caratteristiche che ne accomunano la vinificazione e l’affinamento.
Studi e sperimentazione in vigna e in cantina hanno permesso di approfondire l’analisi della componente fenolica e realizzare protocolli innovativi di vinificazione.
Sul lato viticolo una produzione contenuta e il raggiungimento di un corretto grado di maturazione delle uve è il primo passo verso la produzione di vini meno aggressivi , con acidità fissa più bassa e con polifenoli più maturi. Dal punto di vista enologico la svinacciolatura a 48 ore dall’inizio della fermentazione tramite un travaso, con l’ausilio di un separatore meccanico dei vinaccioli, insieme con una reinterpretazione della tradizionale tecnica del rigoverno che prevede la rifermentazione di una parte di uve surmature , sono processi che a loro volta contribuiscono ad apportare una sensazione tannica più morbida e vellutata e consentono la fissazione del colore sui toni granata.
Dalle sperimentazioni è emerso che la ricchezza fenolica del vitigno, opportunamente gestita, sia in vigna che in cantina, regala vini con una tannicità vellutata e intensa e con caratteristiche capaci di attrarre i consumatori più esigenti.

Fonti: L’assaggiatore 04/2011 V. Gerbi, A. Caudana, M. Hock, L. Rolle, DIVAPRA Università di Torino. L’assaggiatore 07/2011v. Gerbi, F. Rossotto, A. Caudana, M. Hock, L.Rol le, DIVAPRA Università di Torino.

Anna Schneider – Vincenzo Gerbi